INTRODUZIONE – L’illusione della sicurezza
C’è una verità che pochi hanno il coraggio di pronunciare.
Una verità scomoda, inaccettabile, ma necessaria:
la sicurezza femminile, oggi, è una promessa vuota.
Ripetuta ovunque. Creduta da molte. Garantita da nessuno.
Viviamo in un Paese in cui si parla di tutele, leggi, pari opportunità, prevenzione.
Si organizzano campagne, giornate internazionali, panchine rosse.
Si moltiplicano i numeri verdi, gli sportelli, le iniziative istituzionali.
Ma ogni giorno, in silenzio, una donna viene aggredita.
Ogni tre giorni, una donna viene uccisa.
E nella maggior parte dei casi… lo aveva detto.
Aveva avvisato.
Aveva chiesto aiuto.
Non è stata ascoltata.
Non è solo un problema di risorse.
Non è solo una questione di cultura.
È il frutto di un sistema costruito male, pensato male, progettato per funzionare… dopo.
Dopo l’aggressione.
Dopo la denuncia.
Dopo le ferite.
Dopo la morte.
Ma chi si occupa del prima?
Chi ti insegna cosa vedere?
Chi ti dà gli strumenti per capire che il pericolo è già lì, prima ancora che succeda qualcosa?
Questa è la domanda che nessuno pone.
Questa è la domanda che cambierà tutto.
E questo è l’articolo che, forse per la prima volta, non ti dirà di avere fiducia.
Ti dirà di aprire gli occhi.
Il sistema che non può proteggerti
C’è una verità che nessuno ha il coraggio di spiegare alle donne:
l’intero sistema giuridico-istituzionale italiano è costruito per intervenire dopo. Non per prevenire.
Le leggi puniscono.
Le misure cautelari contengono.
Le sentenze arrivano dopo una lunga fase istruttoria.
Ma nessuna di queste cose ferma la mano prima che colpisca.
Nessuna di queste cose protegge chi è in pericolo nel momento in cui ne ha più bisogno: prima.
Il tempo della legge è incompatibile col tempo del pericolo
I numeri ufficiali parlano chiaro.
- In Italia, nel 2023, sono state uccise 120 donne, di cui 100 in ambito familiare o relazionale.
- (Fonte: Ministero dell’Interno – Dossier Viminale)
- In oltre il 75% dei casi, c’erano già segnali, denunce, richieste d’aiuto.
- (Fonte: EURES – Rapporto sul femminicidio 2023)
- Il tempo medio per attivare una misura cautelare reale (es. divieto di avvicinamento) varia da 20 a 45 giorni, a seconda del tribunale.
- (Fonte: Relazioni periodiche del CSM – 2022/2023)
- Solo il 20% dei soggetti raggiunti da un provvedimento restrittivo lo rispetta spontaneamente.
- (Fonte: ISTAT, 2023)
Sai cosa vuol dire?
Che i meccanismi protettivi arrivano, sì…
ma quando l’aggressore ha già avuto tutto il tempo per colpire.
E spesso, lo ha già fatto.
Il cortocircuito istituzionale: la legge è reattiva, non preventiva
Il codice penale è chiaro:
- Si interviene dopo un reato.
- Si può agire prima solo in presenza di “fondato pericolo”, “prove evidenti”, “atti documentati”.
Ma cosa succede se:
- l’uomo non ha mai alzato le mani, ma manipola e controlla da anni?
- non ci sono lividi, ma c’è isolamento e terrore psicologico?
- la donna percepisce un pericolo, ma non ha “fatti” da presentare?
Succede che il sistema non si muove.
Perché non è progettato per ascoltare il corpo che trema, lo stomaco che si chiude, lo sguardo che cambia.
È progettato per “valutare i fatti”.
E spesso, i fatti arrivano solo quando è troppo tardi.
Le forze dell’ordine non possono sostituirsi al tuo istinto
Polizia e Carabinieri fanno il possibile.
Ma sono vincolati da leggi, procedure, numeri.
Ogni giorno in Italia vengono segnalati oltre 70 episodi di violenza domestica.
La maggior parte dei casi viene gestita con:
- relazioni interlocutorie
- inviti a “sporgere denuncia formale”
- consigli su come “comportarsi”
Ma se la donna non presenta “prove concrete e immediate”, la risposta istituzionale è quasi sempre questa: “Lo teniamo d’occhio.”
Nel frattempo, lei dorme nello stesso letto.
Va al lavoro con la stessa ansia.
Porta i figli a scuola con la paura che oggi sia il giorno sbagliato.
I centri antiviolenza sono preziosi, ma non possono sostituirsi a te
I centri sono luoghi straordinari. Salvano vite. Accompagnano percorsi. Offrono rifugi.
Ma sono strutture di emergenza e ricostruzione.
Entrano in gioco quando il problema è già esploso.
Se stai iniziando a sentire che qualcosa non va, non sono ancora il posto dove ti dicono cosa guardare, come capire, come prevenire.
Perché la società non ha strumenti diffusi per allenare le donne al prima.
Ha solo risposte per il dopo.
Conclusione: nessuno ti protegge nel momento in cui ne hai più bisogno.
Il sistema è importante. Va difeso, va migliorato.
Ma non può essere la tua prima linea di difesa.
Perché quella linea non esiste.
Non è nei tribunali. Non è nelle forze dell’ordine.
È nella tua testa.
Nel tuo sguardo.
Nel tuo allenamento.
Solo se impari a leggere, prevenire, scegliere, decidere, puoi smettere di sperare che qualcuno ti salvi.
Perché quando sei allenata, non serve più essere salvata.
Come siamo state educate a non proteggerci
Non è colpa tua.
Ma è responsabilità tua.
La verità è che non ti hanno mai insegnato a proteggerti.
Anzi: ti hanno educata a non farlo.
Non con cattiveria.
Non con dolo.
Ma con un insieme di messaggi culturali, regole implicite e convinzioni tossiche che ti hanno preparata a tutto… tranne che alla tua sicurezza personale.
Ti hanno insegnato a piacere. Non a decidere.
Fin da piccola, il messaggio è stato chiaro:
- “Sii gentile.”
- “Non fare storie.”
- “Non urlare.”
- “Dì grazie anche se non ti va.”
- “Fatti voler bene.”
- “Non essere maleducata.”
- “Se ti tratta male, è perché gli piaci.”
- “Non pensare male delle persone.”
- “Non fare la difficile.”
Risultato?
Hai imparato a:
- sopportare situazioni scomode pur di non creare disagio
- ignorare il tuo istinto pur di non sembrare esagerata
- non dire no, perché “non sta bene”
- giustificare comportamenti ambigui pur di non sembrare paranoica
Hai imparato a non disturbare.
E questo ti ha disarmata.
Ti hanno detto che il pericolo è fuori. Ma il 95% arriva da dentro casa.
La narrazione dominante è sempre la stessa:
"Non andare nei vicoli bui."
"Non prendere passaggi dagli sconosciuti."
"Non uscire da sola la sera."
Tutte cose giuste. Ma parziali. E pericolosamente fuorvianti.
Perché la statistica vera è questa:
- Il 95% delle violenze sulle donne è commesso da persone conosciute.
- (Fonte: ISTAT 2023)
- In 7 casi su 10, si tratta di partner, ex o familiari.
- (Fonte: EURES – Femminicidio in Italia)
E allora?
Chi ti ha insegnato a riconoscere un partner manipolatore?
Chi ti ha spiegato che un ex che ti cerca con dolcezza può essere una minaccia?
Chi ti ha detto che la gelosia non è amore?
Che il controllo non è protezione?
Che l’isolamento non è romanticismo?
Nessuno.
Perché nessuno ti ha preparata alla prevenzione relazionale.
Ti hanno fatto credere che la sicurezza sia una cosa da uomini
Crescere da donna in una cultura patriarcale ti insegna due cose:
- Che sei fragile
- Che hai bisogno di protezione maschile
Questo schema ha due effetti devastanti:
- Ti impedisce di sviluppare competenze autonome di protezione
- Ti porta a cercare la sicurezza in figure esterne: il padre, il compagno, lo Stato
E quando il pericolo arriva proprio da una di queste figure?
Ti blocchi.
Ti confondi.
Ti senti colpevole.
E non reagisci.
Perché non hai mai costruito una sicurezza tua.
Una sicurezza che parte da dentro.
Il risultato finale: donne capaci in tutto, tranne che nel difendersi
Le donne di oggi:
- dirigono aziende
- crescono figli da sole
- studiano, lavorano, si realizzano
- si allenano, investono, comunicano
- reggono il mondo sulle spalle
Ma se devono:
- leggere un ambiente pericoloso
- dire no in modo netto
- riconoscere un predatore relazionale
- uscire da una situazione ambigua
- affrontare un’escalation verbale o fisica…
cadono.
Non per mancanza di forza.
Per mancanza di allenamento.
E non è colpa loro.
È un buco formativo gigantesco. Una falla culturale. Un sabotaggio sistemico.
Il predatore moderno: silenzioso, strategico, invisibile
Quando pensi a un aggressore, a cosa pensi?
A un uomo con la felpa nera, fermo sotto un lampione?
A uno sconosciuto che ti segue per strada?
A un volto che non hai mai visto prima?
Se sì, sei già in pericolo.
Perché il predatore moderno non si presenta mai così.
Non ha bisogno di aggredirti.
Ha bisogno che tu ti fidi.
Il predatore moderno non attacca. Si insinua.
È gentile. È presente. È premuroso.
Sa che non deve metterti paura.
Sa che deve fare leva sulla tua educazione, sulla tua empatia, sulla tua voglia di non sembrare maleducata.
Non forza.
Si avvicina. Poco alla volta.
Testa i tuoi limiti.
Sonda le tue risposte.
Guarda quanto sei disponibile.
Ti fa una domanda in più.
Resta cinque secondi in più.
Ti invia un messaggio di troppo.
E aspetta.
Aspetta di vedere se reagisci.
Se no, avanza ancora.
Lo schema è sempre lo stesso. E funziona.
Ogni predatore ha il suo stile. Ma la struttura è quasi sempre identica:
- Avvicinamento soft.
- – Osserva, si fa notare, ti fa sentire "vista".
- Validazione.
- – Ti fa sentire speciale. Interessante. Diversa.
- Normalizzazione del contatto.
- – Comincia a parlarti spesso. Scriverti. Farti confidenze.
- Pressione gentile.
- – Ti fa sentire in debito. Ti dice che "è tutto normale". Che "esageri".
- Isolamento psicologico.
- – Comincia a screditare gli altri. Ti insinua dubbi. Si fa indispensabile.
- Controllo.
- – Decide per te. Vuole sapere dove sei. Ti fa sentire confusa se ti ribelli.
- Escalation.
- – Quando hai perso i riferimenti, inizia l’abuso vero. Fisico, psicologico, sessuale.
E sai cosa c’è di peggio?
Che spesso tu ti accorgi di tutto… ma troppo tardi.
Perché non hai mai imparato a leggere il copione.
Il predatore non improvvisa. Tu sì.
Lui studia.
Lui osserva.
Lui si prepara.
E tu?
Tu improvvisi.
Tu "vai a istinto".
Tu speri che “non sia nulla”.
Tu pensi “non voglio esagerare”.
Tu ti dici “forse è gentile”.
E così lui gioca d’anticipo.
Tu rincorri.
Lui guida.
Tu reagisci.
Lui sa quello che sta facendo.
Tu no.
Non è colpa tua. Ma può essere responsabilità tua.
Ripetiamolo:
non è colpa tua.
Nessuno ti ha mai spiegato questo schema.
Nessuno ti ha mai detto che l’aggressione inizia molto prima del contatto fisico.
Che i segnali non sono evidenti.
Che il linguaggio del predatore è fatto di sfumature, posture, parole.
Ma adesso che lo sai, può diventare responsabilità tua imparare a vederlo.
A riconoscerlo.
A fermarlo.
A non lasciare spazi.
Perché lui sa già tutto di te.
La domanda è: tu sai tutto di lui?
Prevenzione vera: cos’è, come funziona, perché non ce l’hai
Tutti parlano di prevenzione.
Ma nessuno la definisce. Nessuno la insegna. Nessuno la pratica davvero.
Per la maggior parte delle persone, “prevenzione” è un’idea vaga:
- “Stai attenta.”
- “Non uscire da sola.”
- “Non vestirti così.”
- “Non fidarti troppo.”
Questa non è prevenzione.
È colpevolizzazione mascherata da consiglio.
La prevenzione vera non ha niente a che fare con la paura o la limitazione.
La prevenzione vera è una strategia attiva di gestione della realtà.
E si costruisce con metodo, allenamento e consapevolezza.
Prevenzione non è istinto. È linguaggio.
L’errore più diffuso tra le donne è credere che basti “sentire” se qualcosa non va.
“Se c’è pericolo, lo capisco.”
“Ho sempre avuto buon istinto.”
“Se uno è strano, me ne accorgo.”
Peccato che:
- I predatori moderni sanno come neutralizzare l’istinto.
- Il disagio spesso arriva troppo tardi.
- Il tuo corpo non ha un radar magico.
- Il pericolo si presenta spesso sotto forma di gentilezza.
La verità è che il pericolo ha un linguaggio.
E se non lo parli, non lo riconosci.
Come qualsiasi altra lingua, la prevenzione si impara. Si allena. Si applica.
Prevenzione è osservazione. Posizionamento. Voce. Scelta.
Essere preparata non vuol dire vivere nella paura.
Vuol dire sapere cosa guardare, dove stare, come parlare, quando allontanarti.
Prevenzione significa:
- Sapere dove sederti in un ristorante
- Notare chi entra e chi esce da un parcheggio
- Capire quando un contatto è troppo insistente
- Percepire l’energia manipolatoria in una conversazione
- Riconoscere i micro-comandi linguistici nei messaggi
- Usare il tono giusto per dire “fermati”
- Scegliere percorsi e comportamenti strategici
Tutto questo non è paranoia. È lucidità.
E non lo sviluppi leggendo frasi motivazionali.
Lo sviluppi allenandoti. Sistematicamente.
Perché non ce l’hai? Perché nessuno vuole che tu ce l’abbia.
Una donna allenata:
- è più autonoma
- è meno manipolabile
- dice no con chiarezza
- esce da relazioni tossiche prima che degenerino
- non cerca “salvatori”
- non delega la propria sicurezza a nessuno
E questo disturba.
Disturba i partner controllanti.
Disturba i sistemi di potere.
Disturba chi ti vuole sempre incerta, sempre grata, sempre un po’ più fragile del necessario.
Ecco perché nessuno ti ha mai insegnato a prevenire.
Perché una donna che sa farlo… è libera.
E una donna libera, fa paura.
Il punto zero: allenarsi per non avere bisogno di essere salvate
A questo punto, se hai letto tutto, hai due opzioni.
- Continuare a sperare.
- Sperare che “a te non succeda”.
- Sperare che chi ti è vicino sia diverso.
- Sperare che, se dovesse accadere, il sistema funzioni.
- Sperare che l’istinto basti.
Oppure.
- Decidere.
- Decidere che non vuoi più essere impreparata.
- Che la tua sicurezza non è un'opinione.
- Che non vuoi più delegare a nessuno quello che solo tu puoi presidiare.
- Che inizia tutto da te. Da adesso. Da oggi.
Allenarsi non significa diventare invincibili.
Significa non farsi trovare mai più indifese.**
Non si tratta di diventare esperte di arti marziali.
Non si tratta di vivere nella paura.
Allenarsi a difendersi significa allenarsi a vivere da donne libere.
Libere di dire no.
Libere di leggere i segnali.
Libere di scegliere.
Libere di uscire da una stanza senza chiedere il permesso.
Libere di vedere il pericolo mentre si avvicina, e non quando è già addosso.
La libertà non arriva dopo la sicurezza.
È la sicurezza che arriva dalla libertà.
Una donna allenata:
- cammina diversamente
- guarda diversamente
- risponde diversamente
- viene percepita diversamente
Non perché ha imparato “a combattere”.
Ma perché ha imparato a vedere prima.
A scegliere meglio.
A non restare zitta quando qualcosa stona.
A fidarsi della propria lucidità, non della speranza.
Allenarsi è l’atto più potente di amore e rispetto verso se stesse.
Non serve essere pronte a tutto. Serve essere pronte al prima.
Non possiamo controllare tutto.
Non possiamo cambiare il mondo.
Ma possiamo cambiare come ci muoviamo dentro di esso.
E tutto parte da una domanda semplice:
“Voglio continuare ad affidarmi al caso?
O voglio iniziare ad allenarmi per diventare libera?”
Non rispondere ad alta voce.
Ma rispondi. Perché la tua vita dipende da questo.
Nessuno ti proteggerà. Ma puoi iniziare tu, adesso.
Non vogliamo convincerti di nulla.
Non stiamo vendendo un corso.
Non stiamo facendo pubblicità.
Stiamo solo dicendo una cosa chiara:
non puoi continuare a sperare che qualcuno arrivi in tempo.
Devi iniziare a muoverti tu, prima che serva.
E per farlo, serve un primo passo concreto.
Serve aprire gli occhi.
Serve imparare a leggere ciò che fino a ieri ti è sembrato normale.
Serve rompere il silenzio dentro, prima di quello fuori.
Per questo abbiamo scritto una guida.
Una guida che non parla di reazione, ma di visione.
Che non ti dice cosa fare dopo, ma cosa notare prima.
Si chiama:
“Prima di difenderti: impara a proteggerti.”
È uno strumento. Non un libro.
È il punto zero di tutto.
E oggi la regaliamo solo a chi è pronta a riceverla davvero.
Ti basta cliccare su questo link ed è TUA: CLICCA E SCARICA LA GUIDA IN REGALO
Non serve registrazione. Non serve fiducia.
Serve solo una decisione:
non voglio più essere impreparata.
Commenti ()