📉 𝐐𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 “𝐨𝐩𝐭𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥” 𝐯𝐮𝐨𝐥 𝐝𝐢𝐫𝐞 𝐫𝐢𝐧𝐮𝐧𝐜𝐢𝐚𝐫𝐞

Quando si scrive per banda giovanile — soprattutto nei primi livelli — la parola d’ordine è 𝒂𝒅𝒂𝒕𝒕𝒂𝒃𝒊𝒍𝒊𝒕𝒂̀.

Ma adattarsi non vuol dire rinunciare alla musica.

Io, per esempio, preferisco di gran lunga l’uso delle 𝐠𝐮𝐢𝐝𝐞 (𝒄𝒖𝒆) rispetto alla pratica — molto diffusa in Italia — degli strumenti “𝐨𝐩𝐭𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥”.

Nelle pubblicazioni americane questo approccio è ormai una prassi: le 𝐠𝐮𝐢𝐝𝐞 sono onnipresenti, studiate con cura per garantire che ogni linea importante abbia sempre un’alternativa possibile.

Gli strumenti 𝐨𝐩𝐭𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥, invece, quasi non esistono come categoria editoriale.

In Italia è spesso il contrario: anche quando qualche “𝒄𝒖𝒆” c’è, l’utilizzo degli 𝐨𝐩𝐭𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥 è praticamente sistematico — strumenti anche importanti sono indicati come facoltativi, e questo, di fatto, limita la scrittura ancora prima di iniziare.

Inserire una “𝒄𝒖𝒆” significa dare una 𝒗𝒊𝒂 𝒅’𝒖𝒔𝒄𝒊𝒕𝒂 𝒊𝒏𝒕𝒆𝒍𝒍𝒊𝒈𝒆𝒏𝒕𝒆: se per esempio un passaggio è pensato per l’oboe solo, ma l’oboe non c’è (e spesso non c’è…), allora quel frammento viene riportato nel flauto, nel clarinetto, o dov’è più efficace.

Non si perde l’idea musicale, non si sacrifica l’identità del brano.

Viceversa, dichiarare uno strumento “optional” significa dire: 𝒔𝒆 𝒄’𝒆̀ 𝒃𝒆𝒏𝒆, 𝒔𝒆 𝒏𝒐𝒏 𝒄’𝒆̀ 𝒑𝒂𝒛𝒊𝒆𝒏𝒛𝒂. Ma la musica non è “𝒐𝒑𝒛𝒊𝒐𝒏𝒂𝒍𝒆”.

𝐄 𝐢 𝐦𝐚𝐥𝐥𝐞𝐭𝐬?

Un caso che chiarisce bene questo approccio è quello delle percussioni a tastiera.

I 𝐦𝐚𝐥𝐥𝐞𝐭𝐬 — glockenspiel, xilofono, marimba… — sono spesso trattati come strumenti di contorno, dichiarati “optional” e ridotti a semplici raddoppi del flauto.

Io invece non li considero mai 𝐨𝐩𝐭𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥, e questo non per una mia invenzione, ma perché è il metodo che ho assorbito 𝒔𝒕𝒖𝒅𝒊𝒂𝒏𝒅𝒐 𝒂 𝒇𝒐𝒏𝒅𝒐 𝒍𝒆 𝒑𝒂𝒓𝒕𝒊𝒕𝒖𝒓𝒆 𝒂𝒎𝒆𝒓𝒊𝒄𝒂𝒏𝒆.

L’idea è semplice: 𝒔𝒆 𝒉𝒐 𝒖𝒏 𝒈𝒊𝒐𝒗𝒂𝒏𝒆 𝒑𝒆𝒓𝒄𝒖𝒔𝒔𝒊𝒐𝒏𝒊𝒔𝒕𝒂 𝒂𝒍𝒍𝒆 𝒕𝒂𝒔𝒕𝒊𝒆𝒓𝒆, 𝒗𝒐𝒈𝒍𝒊𝒐 𝒅𝒂𝒓𝒈𝒍𝒊 𝒒𝒖𝒂𝒍𝒄𝒐𝒔𝒂 𝒄𝒉𝒆 𝒂𝒃𝒃𝒊𝒂 𝒔𝒆𝒏𝒔𝒐 𝒎𝒖𝒔𝒊𝒄𝒂𝒍𝒆.

Così, nei miei brani, può capitare che i 𝐦𝐚𝐥𝐥𝐞𝐭𝐬 abbiano anche 𝒃𝒓𝒆𝒗𝒊 𝒍𝒊𝒏𝒆𝒆 𝒂𝒖𝒕𝒐𝒏𝒐𝒎𝒆, 𝙚𝙛𝙛𝙚𝙩𝙩𝙞 𝙙𝙞 𝙘𝙤𝙡𝙤𝙧𝙚, 𝒑𝒊𝒄𝒄𝒐𝒍𝒊 𝒄𝒐𝒏𝒕𝒓𝒂𝒑𝒑𝒖𝒏𝒕𝒊 𝒔𝒆𝒄𝒐𝒏𝒅𝒂𝒓𝒊.

Nulla di indispensabile, certo — il brano si regge benissimo anche senza — ma 𝒔𝒆 𝒒𝒖𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒑𝒂𝒓𝒕𝒆 𝒄’𝒆̀, 𝒅𝒂̀ 𝒒𝒖𝒂𝒍𝒄𝒐𝒔𝒂 𝒊𝒏 𝒑𝒊𝒖̀.

Un esempio concreto?

Nel mio brano 𝑻𝒉𝒆 𝑶𝒍𝒅 𝑭𝒂𝒊𝒕𝒉𝒇𝒖𝒍 𝑹𝒂𝒊𝒏𝒃𝒐𝒘, pubblicato negli USA, primo premio in un concorso di composizione americano e selezionato tra gli “Editors’ Choice” di J. W. Pepper, i 𝐦𝐚𝐥𝐥𝐞𝐭𝐬 svolgono esattamente questo ruolo: 𝒖𝒏’𝒂𝒈𝒈𝒊𝒖𝒏𝒕𝒂 𝒎𝒖𝒔𝒊𝒄𝒂𝒍𝒆 𝒑𝒆𝒏𝒔𝒂𝒕𝒂 𝒑𝒆𝒓 𝒗𝒂𝒍𝒐𝒓𝒊𝒛𝒛𝒂𝒓𝒆 𝒍’𝒐𝒓𝒈𝒂𝒏𝒊𝒄𝒐 𝒓𝒆𝒂𝒍𝒆, senza compromettere la tenuta dell’ensemble se quella parte non è disponibile.

Guarda e ascolta la video score del brano: https://youtu.be/dx9D9msErr4?si=cTmMuulmgszu5ZBI

𝐔𝐧𝐚 𝐫𝐢𝐟𝐥𝐞𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐟𝐢𝐧𝐚𝐥𝐞

L’uso così serrato degli strumenti “𝒐𝒑𝒕𝒊𝒐𝒏𝒂𝒍” forse aveva un senso venti o trent’anni fa, quando eravamo all'inizio del rinnovamento bandistico italiano, sia del repertorio che dell'organico.

Ma oggi il panorama è cambiato.

In molte realtà italiane le bande si sono evolute, gli organici sono più completi, e soprattutto sono nate 𝒕𝒂𝒏𝒕𝒆 𝒋𝒖𝒏𝒊𝒐𝒓 𝒃𝒂𝒏𝒅 parallele a quelle senior, con organici strutturati e capacità crescenti.

Abbiamo concorsi dedicati alle formazioni giovanili, e sempre più spesso i brani scelti — sia dalle bande che dai concorsi stessi — sono di derivazione americana.

Qualcuno parla di 𝒆𝒔𝒕𝒆𝒓𝒐𝒇𝒊𝒍𝒊𝒂, ma io non credo sia solo questo.

𝑭𝒐𝒓𝒔𝒆 𝒆̀ 𝒖𝒏𝒂 𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒅𝒊 𝒎𝒂𝒈𝒈𝒊𝒐𝒓 𝒔𝒄𝒆𝒍𝒕𝒂, 𝒅𝒊 𝒗𝒂𝒓𝒊𝒆𝒕𝒂̀, 𝒆 𝒂𝒏𝒄𝒉𝒆 𝒅𝒊 𝒒𝒖𝒂𝒍𝒊𝒕𝒂̀.

Il punto è: 𝐜𝐨𝐩𝐢𝐚𝐫𝐞 𝐜𝐢𝐨̀ 𝐜𝐡𝐞 𝐟𝐮𝐧𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚 𝐧𝐨𝐧 𝐞̀ 𝐩𝐥𝐚𝐠𝐢𝐨.

È molto meglio prendere ispirazione da chi ha costruito un sistema solido che dura da decenni, piuttosto che adattarlo “𝒂𝒍𝒍’𝒊𝒕𝒂𝒍𝒊𝒂𝒏𝒂” giusto per metterci sopra la nostra bandierina.

Io credo che i compositori italiani abbiano 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒊 𝒊 𝒎𝒆𝒛𝒛𝒊 𝒑𝒆𝒓 𝒔𝒄𝒓𝒊𝒗𝒆𝒓𝒆 𝒃𝒆𝒏𝒆.

Quello che manca, spesso, è la 𝒍𝒊𝒃𝒆𝒓𝒕𝒂̀: troppi vincoli, troppi paletti editoriali, e uno stile che tende a rincorrersi sempre all’interno dello stesso 𝒓𝒆𝒄𝒊𝒏𝒕𝒐, soprattutto per il repertorio giovanile (per i gradi più alti è un discorso a parte).

E invece di recinti, avremmo bisogno di orizzonti più ampi.

Di 𝒆𝒔𝒆𝒎𝒑𝒊 𝒅𝒂 𝒔𝒆𝒈𝒖𝒊𝒓𝒆, 𝒅𝒊 𝒑𝒓𝒂𝒕𝒊𝒄𝒉𝒆 𝒅𝒂 𝒔𝒕𝒖𝒅𝒊𝒂𝒓𝒆, 𝒅𝒊 𝒄𝒐𝒏𝒇𝒓𝒐𝒏𝒕𝒊 𝒗𝒆𝒓𝒊.

𝑺𝒐𝒍𝒐 𝒄𝒐𝒔𝒊̀ 𝒑𝒐𝒔𝒔𝒊𝒂𝒎𝒐 𝒇𝒂𝒓𝒆 𝒖𝒏 𝒔𝒂𝒍𝒕𝒐 𝒅𝒊 𝒒𝒖𝒂𝒍𝒊𝒕𝒂̀.

𝐄̀ 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐮𝐧 𝐢𝐧𝐜𝐞𝐧𝐭𝐢𝐯𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐞 𝐛𝐚𝐧𝐝𝐞 a considerare importante l’organico già a partire dalle junior band, lavorando per avere allievi di tutti gli strumenti: 𝐬𝐞 𝐢𝐥 𝐜𝐨𝐫𝐧𝐨 𝐢𝐧 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐢𝐭𝐮𝐫𝐚 𝐞̀ 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞 𝐨𝐩𝐭𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥, non ci si preoccuperà di avere allievi per quello strumento!

𝐂𝐡𝐞 𝐧𝐞 𝐩𝐞𝐧𝐬𝐢?

Hai mai avuto a che fare con partiture piene di “optional”?

Ti è capitato di arrangiarti perché mancava una guida?

𝐓𝐢 𝐫𝐢𝐭𝐫𝐨𝐯𝐢 𝐢𝐧 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐞 𝐫𝐢𝐟𝐥𝐞𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐢?

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