
Il Canto della Foresta. Ayahuasca e medicina sciamanica di Silvia Riccamboni e Matteo Maria Bonani
Autori: Silvia Riccamboni e Matteo Maria Bonani
Titolo: Il Canto della Foresta.
Ayahuasca e medicina sciamanica
Pagg edizione cartacea: 140
Lingua: italiano
Formato: Epub con Adobe DRM
Prezzo: 7,99 euro
Edizione: Mauna Loa, 2022
EAN/ISBN: 979-12-80456-19-9
IL TESTO: Lo smarrimento di cui soffre l’uomo contemporaneo è conseguenza della illusoria separazione dell’uomo dalla natura. Siamo pieni di persone intorno, ma soli. Pieni di comodità e beni, ma insoddisfatti. I due autori, psicoterapeuti studiosi di ecologia profonda, partono da questa constatazione per spiegare come può essere d’aiuto la medicina sciamanica e in particolare l’Ayahuasca, di cui oggi si parla e si legge sempre di più. Il più grande potere dell’Ayahuasca, cercato e temuto allo stesso tempo, appare quello di mettere di fronte alle verità dell’esistenza quanti sono pronti e sinceramente intenzionati a vederle. La rivoluzione psichedelica in atto al confine tra mondo scientifico e spirituale sta finalmente restituendo la dignità di medicine a questo come ad altri rimedi di tradizione sciamanica, dopo decenni di proibizionismo che hanno fortemente limitato le possibilità di ricerca e l’utilizzo nella cura della malattia fisica e della sofferenza psicologica. Ma saremo capaci di farne buon uso? Saremo capaci di cogliere questa opportunità di tornare a sentirci integri e interi, di guarire dalla condizione che nutre tutti i mali: l’illusione della separazione? Il canto degli Spiriti della foresta amazzonica può guidarci nel cercare le risposte. Dicono gli autori: “Come psicoterapeuti osserviamo ogni giorno lo smarrimento delle persone, impegnate a soddisfare bisogni indotti per riempire un tempo svuotato di senso: occorre ricordare che noi siamo natura”.
Matteo Maria Bonani vive a Padova dove svolge l’attività di psicoterapeuta, docente e supervisore nell’area della psichiatria, delle disabilità e della tutela del minore. Insieme alla moglie si dedica alla musica medicina e tiene seminari per l’evoluzione personale, attingendo alle filosofie orientali e alle tradizioni sciamaniche.
Silvia Riccamboni vive a Padova dove lavora come psicoterapeuta, naturopata e formatrice orientata all’ecologia profonda. È studiosa di discipline olistiche, culture native e sciamanismo al quale deve l’incontro d’amore con il canto di cura rituale.
ESTRATTO: Vi sono luoghi nel mondo dove chi cura porta nella propria borsa, invece di siringhe e stetoscopio, spiriti vegetali e maracas. Sono luoghi in cui la capacità di connessione con tutti i piani dell’esistenza è ancora intatta e l’uso del potenziale psichico ed energetico è libero dai limiti della scienza e dai dogmi della religione. Lì, dove nessun pensiero scientifico ha separato mente e corpo — sia tra loro e sia dalla Natura — gli eventi della vita e dell’umano sono letti e affrontati dalla prospettiva dell’insieme invece che da quella di una sola parte.
Scienza e progresso hanno portato indubbi benefici, a cominciare dall’ambito medico.
Nel tempo, però, abbiamo sempre più sostituito le capacità dei nostri sensi con appendici esterne, abbiamo perso familiarità e fiducia nelle medicine della Natura e, soprattutto, ci siamo dimenticati che siamo Uno, che non esiste un dentro distinto dal fuori e un Io distinto dal Noi, e che nessuna parte è separata né separabile dal Tutto.
Così curiamo un organo a scapito degli altri, zittiamo i sintomi che non sappiamo interpretare, portiamo il corpo da un guaritore, la mente da un altro e lo spirito da un altro ancora, e costruiamo, per i malati, ambienti sanitari spesso privi di anima.
Quando un medico prescrive passeggiate nella natura, ancora ci stupiamo. In moltissime culture il legame con il mondo naturale è la prima cosa a essere ripristinata, così come un neonato che venga riaccostato al seno della madre. La causa della malattia viene cercata nel rapporto che una persona ha con tutti i piani della sua esistenza, visibili e invisibili. E le forze della Natura aiutano chi cura e chi è malato a vedere prima che ad agire, perché, senza comprensione delle cause sottili, la guarigione sarebbe più difficile, superficiale e in molti casi illusoria.
Per questo alcune medicine vegetali sono chiamate Piante Maestre: perché offrono un insegnamento. Quale? Il ricordo di ciò che veramente siamo e la possibilità di incarnarlo nella nostra esistenza.