
Io e i Pigmei. Cronache di una Donna nella Foresta di Raffaella Milandri
Autore: Raffaella Milandri
Titolo: Io e i Pigmei. Cronache di una Donna nella Foresta
Pagg edizione cartacea: 186
Lingua: italiano
Formato: Epub con Adobe DRM
Prezzo: 7,99 euro
Edizione: Mauna Kea, 2022
EAN/ISBN: 978-88-31335-36-2
Categoria: Africa, Camerun, letteratura di viaggio
IL TESTO: Il sorprendente viaggio in Camerun della autrice, attivista per i diritti umani, alla scoperta dei Pigmei odierni: chi sono e quali sono le straordinarie tradizioni di questa cultura millenaria? Qual è il devastante impatto del “Progresso” su questo popolo pacifico e in profonda armonia con la Natura? Durante un incredibile viaggio, la ardua ricerca della verità porta a raccogliere testimonianze che sono un appello disperato inviatoci dal Popolo della Foresta. Deforestazione, piantagioni intensive per l’olio di palma, persino i parchi naturali minacciano la sopravvivenza delle etnie pigmee. L’esperienza della viaggiatrice è un racconto avvincente, commovente e terribilmente vero.
L’AUTORE: Scrittrice e giornalista, Raffaella Milandri, attivista per i diritti umani dei popoli indigeni, è esperta studiosa dei Nativi Americani e dei Popoli Indigeni. È membro onorario della Four Winds Cherokee Tribe in Louisiana e della tribù Crow in Montana. Come viaggiatrice solitaria è stata accolta da tribù nei più remoti angoli di mondo. Ha pubblicato: In India. Cronache per veri viaggiatori (Mauna Kea, seconda edizione 2019); In Alaska. Il Paese degli Uomini Liberi (Mauna Kea, seconda edizione 2019); Liberi di non Comprare. Un invito alla Rivoluzione (Mauna Kea, seconda edizione 2019); Gli Ultimi Guerrieri. Viaggio nelle Riserve Indiane (Mauna Kea, 2019); Lessico Lakota. Storia, Spiritualità e Dizionario Italiano-Lakota (con M. Blasini, Mauna Kea, 2019); La mia Tribù. Storie autentiche di Indiani d'America (Mauna Kea, seconda edizione 2020); Racconti di Nativi Americani: Old Indian Legends (a cura di, con T. Totò, Mauna Kea, 2019); Lessico Cherokee. Storia, Spiritualità e Dizionario Italiano-Cherokee (con M. Blasini, Mauna Kea, 2021); Nativi Americani. Guida alle Tribù e Riserve Indiane degli Stati Uniti (Mauna Kea, 2021); Racconti di Nativi Americani: Plenty Coups, Capo dei Crow (a cura di, Mauna Kea, 2022).
ESTRATTO: Mi alzo presto, l’aria è fresca e odora di rugiada. In camera con me ho un sacco da 20 kg di sale, lo trascino fuori sul prato e inizio a dividerlo in sacchettini, per poterlo lasciare in razioni nei prossimi villaggi dei Pigmei. Uso la mano a mò di paletta e lavoro alacremente. Dopo un veloce caffè con pane al desco del parroco, mentre un forte rumore dei passettini di topi ci accompagna dal sottotetto, al mattino presto partiamo, io, Cèlestin e Richard, l’autista. Compriamo carburante in un baracchino che vende illegalmente la benzina in bottiglie di plastica. Non si vedono auto a Mouloundou, a parte quella della polizia: solo motociclette. Alcuni bambini camminano verso la scuola, in casacchina azzurra.
Il mio programma dei prossimi giorni è ambizioso: visitare almeno quattro villaggi e in cinque-sei giorni arrivare a pernottare a Yokadouma, nella speranza di poter trovare un giaciglio comodo e pulito. E una doccia. L’idea che nella migliore delle ipotesi la doccia più vicina sia a trecento km mi crea un senso di misofobia, e diventa un chiodo fisso nella mia mente. Il capovillaggio di questa piccola comunità adagiata sul ciglio della strada è giovane, la tunica lercia lascia intravvedere folti riccetti di peli sul suo petto. Tutto il villaggio si raduna intorno a noi, a poche centinaia di metri c’è il villaggio bantu. Sono presenti molti uomini, con il machete che gli ciondola in mano: non si avventurano in cerca di animali poiché qui i problemi con la caccia sono più seri che altrove. Mi avvicino a una bimba per farle una foto, lei scappa impaurita ed io desisto, ma una coppia di bambini più grandi la vanno a prendere e la trascinano di fronte a me, tenendole la testa piangente, come a un agnello sacrificale. Una donna china a terra impasta delle radici per il pranzo, un pasto misero, e mi sorride mestamente. Un paio di bellissime bambine mi osserva, a fianco di una donna che allatta un neonato; una di loro con gesto veloce mi tocca i capelli e poi fugge ridendo. Alla mia domanda sulla loro condizione di vita, il capo dell’accampamento Emmanuel fa un appello accorato alla tragica situazione della sua gente, con viso sudato e toni arrabbiati. Tutti intervengono e annuiscono alle sue parole.
“Da quando siamo qui, tutto va male, molto male. Ci hanno tolto tutto e non ci hanno dato niente. Guarda prima di tutto le capanne, e capirai come viviamo qui. Non possiamo più vivere nella foresta che è la nostra casa. Tagliano tutti gli alberi, gli alberi scompaiono, e non troviamo più miele; e noi siamo stati cacciati dalla foresta. Proteggono gli animali, ma gli animali scompaiono; e noi siamo stati allontanati dalla foresta. Noi contiamo meno degli animali, a noi non ci protegge nessuno. Nessuno si prende cura di noi. Che cosa dobbiamo fare?”. E agita le mani di fronte a sé, allargando le braccia. “Tu dimmi cosa devo fare. Devo chiedere aiuto per la mia gente. Tu puoi aiutare? Nel tuo Paese qualcuno può aiutare? Come si chiama il tuo Paese?”. Emmanuel fa una pausa, ma in realtà non si aspetta una risposta. “Il pozzo è rotto e l’acqua che raccogliamo è cattiva e porta malattie (ndr amebiasi e anchilostoma) dolorosissime e terribili per il nostro ventre. Ci è proibito andare nella foresta a procurarci le nostre erbe medicinali per queste nuove malattie e non abbiamo un ospedale con la medicina dei bantu. Ci hanno vietato perfino di raccogliere il chinino nella foresta. La scuola c’è ma è a pagamento e noi non abbiamo soldi”.
Tutti iniziano a parlare, indicando e toccando le spalle dei bambini.
“Noi capiamo che la scuola è importante, ma non abbiamo i soldi per mandare i nostri figli. Noi non siamo andati a scuola, vogliamo che i nostri figli abbiano un futuro migliore. Ma noi Baka rimaniamo sempre indietro. Noi siamo schiavi di quelli che hanno le macchine, i ricchi dalle città. Noi viviamo di caccia, abbiamo sempre vissuto di caccia per sfamarci. Ma qui la caccia è proibita, nelle grandi terre protette dal WWF. Noi moriamo di fame, e le guardie forestali del governo ci arrestano”. E aggiunge: “Tra la mia gente, alcuni sono morti per la foresta. Ci hanno ammazzato per la foresta”. Un uomo giovane, con un solo dente in bocca, sbatte le mani in cenno di assenso. Lui è stato arrestato due volte, altri uomini sono stati arrestati più volte per la caccia in zone proibite.
“Dove è permessa la caccia non ci sono più animali, dove è proibita la caccia ci sono animali. La mia gente ha fame. Adesso per i bantu piantiamo cacao, raccogliamo banane, manioca, mais. Ma quello che ci danno non è sufficiente per vivere. Prima non ci servivano i soldi. Non sapevamo cosa farcene. Adesso, siamo schiavi dei soldi per le medicine, per il sale. Prima vivevamo di baratto, adesso il baratto non avviene più”.
Ormai parlano in coro, tutti gli uomini.
“Siamo molto più poveri dei nostri padri. Se muore la foresta noi moriamo. Questo non è giusto. Noi non rubiamo niente, la foresta è sempre stata nostra. Abbiamo sempre preso l’indispensabile per mangiare. Noi moriamo perché la foresta muore”. Aggiunge un ragazzo, dal viso deturpato da una infezione:
“Ogni tanto, vengono delle camionette con degli uomini ricchi, e vanno nella foresta a cacciare. A loro non fanno niente. Tornano con gorilla, elefanti, tanto cibo, troppo cibo per pochi uomini”. Cèlestin mi spiega:
“Sì, in città organizzano safari di caccia per uomini stranieri ricchi, e pensa, pagano fino a 5000 dollari al giorno per poter cacciare gli animali protetti. E vanno con grossi fucili”.
Chiedo a Emmanuel, il capovillaggio, cosa sa del WWF. E lui dice:
“La foresta era nostra. I nostri padri mettevano trappole, cacciavano nella foresta e così mangiavano. Noi non abbiamo mai conosciuto il WWF, chi è il WWF? Il WWF ora ci priva della foresta e ci fa male. Come vivremo noi? Noi e i nostri figli abbiamo fame, moriamo di fame. Ora quando entriamo nella foresta siamo scacciati e arrestati. E le guardie del governo e del WWF ci picchiano. Solo le banane ci aiutano a sopravvivere”.