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La Musica al di là del Buio di Alessandra Funari

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Autore: Alessandra Funari
Titolo: La Musica al di là del Buio
Pagg edizione cartacea: 106
Lingua: italiano
Formato: Epub con Adobe DRM
Prezzo: 7,99 euro
Edzione: Mauna Loa, 2021
EAN/ISBN: 979-12-80456-11-3
LINK ALLA VERSIONE CARTACEA

IL TESTO: L’ottimismo nel  diverso mondo di chi non vede: la autrice ci racconta  le difficoltà del mondo arduo della disabilità, e in particolare le barriere causate dalla cecità o dalla grave ipovedenza, inimmaginabili per i “normovedenti”. La malattia non è un ostacolo, ma un modo per penetrare ancora più in profondità nell’altro ed ascoltarlo. Alessandra Funari ci fa comprendere la forza straordinaria di una giovane che decide di emergere dalla tempesta improvvisa che il destino le ha riservato. Grazie alla musica, nulla è perduto. Un'autobiografia che intreccia amore e dolore, e mette in luce il potere della musica, che è passione intensa ma, allo stesso tempo, può diventare strumento per guarire le ferite dell'anima. Ad accompagnare la protagonista c’è la eredità di una frase della nonna: “Non smettere mai di seguire i tuoi sogni”. Un racconto dove, nonostante le sofferenze, brilla la conquista della felicità.


L'AUTORE: Alessandra Funari nasce in un piccolo paese nel cuore dei monti Sibillini. Si laurea in Lettere con doppia specializzazione in Filologia classica e Filologia moderna. Consegue con lode un Master in Didattica dell'Italiano come lingua seconda o straniera. Conclude due corsi di perfezionamento, uno in Didattica della Letteratura italiana, l'altro in Didattica della Storia. Allo stesso tempo, si laurea in Flauto presso il Conservatorio “G. B. Pergolesi” di Fermo. Attualmente insegna presso il Liceo classico – linguistico “G. Leopardi” di Macerata.

ESTRATTO: Il viaggio in aereo non andò molto bene perché avevo un terribile mal di testa e sembrava non passare. Non vi erano turbolenze, la mia inquietudine aveva lasciato il posto a una sensazione di serenità.
Non capivo cosa avesse potuto causare quel dolore insopportabile alla testa.
I giorni seguenti il dolore si estese alle tempie, agli occhi ed io iniziai a vedere gli oggetti in maniera non nitida. Ne parlai con Leo prima di allarmare i miei genitori. Leo mi vedeva pallida, stanca, iniziò a preoccuparsi e mi consigliò di parlarne subito con i miei genitori e di rivolgermi a un dottore. Preferii confidarmi con mia madre, che, immediatamente, chiamò la mia dottoressa per fissare un appuntamento. Il pomeriggio stesso andai nel suo ambulatorio, una stanza ampia, piena di luce, con alcuni ritratti, stampe di Leonardo da Vinci, tra cui il Ritratto di musico. L’apertura della stanza rispecchiava la pacatezza, la solarità della donna, una signora raffinata dai capelli raccolti e dagli occhiali sottili.
Dissi alla dottoressa dei miei mal di testa continui, inspiegabili, del mio senso di stanchezza, della vista offuscata. Mi visitò attentamente e affermò che la causa del mio male dipendeva probabilmente da una malattia, che si stava sviluppando nell’occhio destro e che poteva espandersi subito all’occhio sinistro, con il rischio di perdere totalmente la vista. Occorreva uno specialista, in grado di farmi degli esami accurati e di procedere velocemente.
Un buon centro per la vista era a Milano. Prenotammo la prima data disponibile e partimmo. Mi rendevo conto che, giorno dopo giorno, la mia vista peggiorava. La clinica di Milano parlò di glaucoma, definendolo “il ladro silenzioso della vista” perché nel momento in cui ci si rende conto di vedere male di lato o in basso o in alto il danno al nervo ottico è già molto avanzato.
Il mio era un glaucoma acuto con sintomi ormai evidenti: grave dolore oculare e arrossamento, visione ridotta, aloni colorati, cefalea, nausea, vomito.
Non era sufficiente una terapia medica, occorreva intervenire chirurgicamente.
Ero terribilmente spaventata, avrei potuto perdere completamente l’uso della vista, non avrei potuto più condurre una vita normale, in piena autonomia. Occorreva intervenire al più presto.
Pensavo al pianoforte, alle note nere e bianche segnate sul pentagramma, ai concerti che mi aspettavano, a Leo e al nostro progetto insieme. Di colpo, una malattia stava fermando lo scorrere della vita. Mi chiedevo il motivo di tutto ciò, con un pianto ininterrotto, ma non riuscivo a darmi una risposta.
Istintivamente presi in mano il telefono per chiamare Leo, poi, improvvisamente, lo posai perché volevo essere io stessa, con tutta la mia forza, ad affrontare questa difficoltà.
I miei genitori non dissero nemmeno una parola, si guardarono soltanto l’un l’altro poi guardarono me.
Avevo superato tanti esami nella mia vita, ma questo era l’esame più importante, perché era la vita che ti chiamava a combattere in sua difesa e di certo non potevi tirarti indietro, altrimenti avresti finito per essere sconfitta.
Ed io, questa volta, volevo gareggiare e vincere.
Nei vari concorsi avevo partecipato, preparandomi intensamente, ma senza la pretesa di vincere, con il desiderio di muovere, con la mia musica, l’animo dell’altro.
Ora era diverso.
Si trattava di lottare per vivere continuando a osservare il mutamento delle stagioni, dei loro colori, delle loro forme, i segni del pentagramma.
Si trattava di continuare a condurre una vita senza una persona sempre accanto ad assisterti, mantenendo le mie abitudini. Passeggiare da sola in mezzo alla natura, spostarmi dall’Italia alla Francia, viaggiare con la mia musica come compagna, leggere.
Sentivo, sempre più, la necessità di avere i miei spazi e di tenerli stretti a me per paura di perderli.
Mi resi conto di come la vita, molte volte, ti spinge a correre velocemente verso mete alte e altre volte, invece, ti blocca, ti tira a sé per riflettere.
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