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🌑 Quando il sogno tace

Perché a volte non sogniamo (o non riusciamo a ricordare)


Capita a tutti, prima o poi.

Ci si sveglia e non c’è niente.

Solo il corpo, il giorno, il cuscino sgualcito.

E il sogno — se c’era — è svanito come nebbia.

A volte sentiamo che qualcosa c’è stato.

Un’immagine, una parola, un volto… ma sfugge.

Altre volte, invece, c’è un vuoto secco.

Come se la notte fosse passata senza lasciare traccia.

Ma davvero non abbiamo sognato?

O il sogno ha preso un’altra forma?

O, forse, non lo abbiamo voluto ascoltare?


🧠 Il corpo che non dorme


Spesso la causa è molto semplice: non dormiamo davvero.

Il sonno è frammentato, disturbato, troppo leggero.

Restiamo incollati agli schermi, andiamo a letto tardi, o ci addormentiamo sul divano, senza chiudere davvero la giornata.

Il sogno ha bisogno di una soglia vera.

Ha bisogno della fase REM, di uno spazio mentale in cui il corpo è al sicuro e la coscienza si ritira.

Se questo spazio non arriva — il sogno resta chiuso fuori.

Anche l’uso prolungato di farmaci, alcol o sostanze che alterano il ritmo del sonno può impedire l’accesso al sogno.

Ma non significa che l’inconscio non stia lavorando.

Significa solo che non riusciamo più a sentire la sua voce.


🌘 Quando la psiche protegge


Esiste però anche un’altra possibilità, più sottile:

il sogno c’è stato, ma l’inconscio lo ha nascosto.

Perché?

Perché quello che voleva mostrarci sarebbe stato troppo da affrontare.

Troppo doloroso. Troppo vero.

E allora il sogno si dissolve al risveglio.

Non per punirci.

Ma per proteggerci.

A volte siamo noi a chiudere la porta, senza saperlo.

Abbiamo paura di vedere qualcosa che ci riguarda.

Paura di cambiare.

Paura di sentire.


🌑 Quando il sogno si ritira


Ci sono momenti della vita in cui il sogno si ritira come fa il mare.

Non perché abbia smesso di esistere.

Ma perché non c’è più un contenitore.

Non c’è un ascolto.

Non c’è uno spazio pronto a riceverlo.

Il sogno non ama l’indifferenza.

Se viene ignorato a lungo, smette di parlare.

O cambia voce.

E si fa sintomo.

Si fa tensione, ansia, agitazione, malinconia.

Non sempre serve uno psicologo.

A volte serve un gesto di attenzione.

Un diario sul comodino.

Una frase la sera.

Un modo per dire: “ti aspetto”.


🪞 Il sogno come specchio


Non sognare non è un fallimento.

Può essere una soglia.

Un invito ad ascoltare ciò che resta.

Anche quando il sogno non arriva, possiamo portare una domanda, un’immagine, un’eco.

Qualcosa che ci abita lo stesso.

E ricevere una risposta.

Una visione.

Un sogno donato.

È questo il cuore dello Specchio Silenzioso:

una visione scritta che non nasce da un sogno notturno,

ma da una tensione viva che chiede ascolto.

Non è un trucco per forzare il sogno.

È un invito gentile a tornare a sentirlo.

Perché il sogno non ha bisogno di essere capito per agire.

Ma ha bisogno di essere accolto.

E se non arriva…

è solo perché sta aspettando che tu torni a casa.