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Amanar "Pozioni e Rimedi di Stregoneria"

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Capitolo 1


In questo capitolo introduttivo, l’iniziato viene guidato alla scoperta delle correnti fondamentali che governano la creazione di pozioni mistiche, dove l’antica conoscenza delle erbe si intreccia con la saggezza arcana dei secoli. Qui si segue la linea dei maestri di pozioni attraverso i corridoi velati dell’Europa medievale, i recessi nascosti della stregoneria rurale e fino ai boschetti segreti della tradizione cabalistica. Il futuro artefice di elisir imparerà ad accordare mente e spirito alle sottili vibrazioni delle piante, delle pietre e dei mormorii in latino e in sumero che risuonano in grimori dimenticati. I vetusti riti di purificazione vengono svelati, gettando le basi per trattare sia miscele benevole sia quegli infusi potenti che sfiorano il proibito. Riflessioni sulle quattro forze elementali – Terra, Aria, Fuoco e Acqua – preparano il terreno per creare pozioni in sintonia con ciascuno di questi domini. Alla pallida luce lunare, i novizi appronteranno le loro prime tinture semplici, stringendo un patto sacro tra il ricercatore e il mondo degli spiriti che dimorano in ogni singolo infuso.


Capitolo 2


Il secondo capitolo spalanca porte su misteri più profondi dell’Arte, guidando lo studioso attraverso un labirinto di rituali cerimoniali che aumentano la potenza di ogni pozione. Basandosi sulla lettura di testi arcani in lingue antiche, l’adepto impara a recitare incantesimi in latino, sumero e altri idiomi segreti, in modo che le energie evocate siano adeguatamente sigillate in ogni elisir. La fusione tra la stregoneria europea e l’intuizione cabalistica rivela strutture nascoste del cosmo, consentendo al praticante esperto di intrecciare corrispondenze astrali in ciascuna miscela. Nell’ombra soffusa di un focolare alchemico, il discepolo sperimenta la pratica delle fumigazioni e delle acque benedette, comprendendo come incenso e rugiada consacrata possano infondere energia nel nuovo infuso. Moniti e protezioni non sono trascurati, poiché forze malevole sostano nell’oscurità, pronte a corrompere il malaccorto. In questa sede si apprende a proteggere il proprio spazio di lavoro mediante sigilli, amuleti e cerchi tracciati con precisione.


Capitolo 3


In questa sezione, l’aspirante maestro di pozioni scopre il ruolo cruciale che pianeti e movimenti astrologici svolgono, dal momento che i flussi del destino attraversano ogni costellazione influenzando la creazione di miscele magiche. Gli antichi maestri della magia occidentale conoscevano bene l’importanza del tempismo, attendendo l’ora di Saturno per preparare veleni che bandiscono il male o la benevola influenza di Venere per forgiare elisir appassionati. Il testo invita il lettore a consultare carte stellari dettagliate e a considerare le enigmatiche parole di oracoli remoti, così da far combaciare i flussi cosmici con la finalità di ogni pozione. Richiami alla tradizione vudù illustrano come offerte agli spiriti ancestrali possano incrementare l’efficacia dell’infuso, mentre le sefirot cabalistiche forniscono un quadro simbolico per guidare il praticante attraverso i regni sottili. Invocazioni in lingue arcaiche risvegliano tali energie celesti, richiamandone l’essenza nel calderone all’istante giusto della danza stellare.


Capitolo 4


Qui vengono svelati i segreti arcani sugli ingredienti di base – radici, erbe, minerali ed essenze di origine misteriosa – che costituiscono le fondamenta di potenti pozioni. Il capitolo apre il codice di riti di raccolta dimenticati, riecheggiando gli antichi richiami che un tempo risuonavano nei boschi sacri druidici. Ogni pianta conserva il proprio spirito protettore, e l’adepto deve apprendere l’arte di invocare con delicatezza queste forze vitali, affinché il decotto non vada a male o gli spiriti non scatenino la loro ira. Racconti del folklore europeo si intrecciano con la sapienza profonda delle tradizioni diasporiche africane, tessendo un mosaico di conoscenza astuta. Enigmi in scritti remoti guidano il raccoglitore nell’individuazione del giorno o dell’ora planetaria più propizia, così che gli ingredienti colti irradino il loro potere ottimale. In questo capitolo lo studioso comincia a redigere il proprio grimorio personale delle materie prime, forgiando legami sacri che si rafforzeranno a ogni successiva raccolta.


Capitolo 5


Immergendosi nel regno della trasformazione e della trasmutazione alchemica, l’iniziato si imbatte nell’interazione sottile tra zolfo, mercurio e sale – la triade originaria che sta al cuore di antichi trattati alchemici. Attraverso incantesimi bisbigliati nel silenzio illuminato dalle lampade a mezzanotte, il braccio dell’alchimista impara a fondere queste forze primordiali, infondendo in ogni pozione l’anima di energie viventi. Che si tratti di evocare un elisir etereo per viaggi astrali o di comporre un rimedio curativo per scacciare malanni terreni, l’adepto deve avvertire a ogni passo la presenza animica in ciascuna fase. Coniugazioni tra conjurazioni europee e diagrammi cabalistici mostrano il processo, mentre tratti di pratica vudù ricordano che ogni mutazione deve essere compiuta con riverenza. In queste pagine emergono riferimenti criptici a canti sumerici, chiavi per accedere a piani di potenza più profondi. Mente, fiamma e mestolo si uniscono in un triangolo alchemico che fa nascere meraviglie e prodigi nel gorgogliare del calderone.


Capitolo 6


In questo capitolo l’attenzione si sposta sulle pozioni di protezione e i filtri di esorcismo, mutuati dai rigidi rituali della magia cerimoniale occidentale per salvaguardare casa e anima. Il testo illustra l’arte segreta di intrecciare energie difensive nel bollore di un preparato protettivo. Ogni goccia è intessuta di una forza capace di respingere spiriti ostili, maledizioni o incubi persecutori. Il creatore fonde la miscela con la stabilità della Terra e con il bagliore benedetto del Fuoco, mormorando incantesimi ricavati da un intreccio di antiche lingue. Vengono chiamati a vegliare i guardiani dell’aldilà – spiriti domestici benevoli del folklore europeo e antenati venerati nelle tradizioni vudù – i quali offrono livelli ulteriori di difesa. Sebbene il processo richieda grande concentrazione e dedizione, il risultato è un’esistenza difesa dai sortilegi e dalle energie malevoli. Gelosamente celate, queste formule rappresentano un baluardo sicuro per il sapiente.


Capitolo 7


Andando oltre la mera salvaguardia, l’adepto esplora ora pozioni di potenziamento e innalzamento, concepite per rinvigorire la volontà, acutizzare le facoltà psichiche e spalancare le porte della visione interiore. Riprendendo le conoscenze acquisite fin qui, il capitolo descrive come attingere alle energie della luna crescente, dei guardiani elementali e dei custodi della soglia per infondere una vitalità più intensa in ogni infuso. La convergenza fra evocazione vudù e risonanza cabalistica produce una pratica sublime, allineando la vibrazione individuale con forze superiori spirituali. Preghiere in latino, alternate a formule sussurrate in sumero, chiamano correnti astrali capaci di offrire chiarezza o risvegliare doni magici sopiti. Il testo mette in guardia dai pericoli dell’eccesso e sottolinea la responsabilità morale che nasce dall’aumento del potere. Il mastro dei pozionanti deve gestire queste nuove facoltà con umiltà e rispetto per l’ordine cosmico, poiché altrimenti il prossimo sorso potrebbe portare rovina anziché ascesa.


Capitolo 8


Qui si evoca l’interplay tra amore e desiderio, tra i fumi dell’incenso e i vortici di liquidi color cremisi nell’oscurità lunare. Questo capitolo svela la finezza delle pozioni d’attrazione – filtri che accendono la passione, risanano cuori infranti o rafforzano i vincoli esistenti grazie all’armonizzazione delle energie. Radicate in tradizioni popolari europee e intrise di sottintesi sensuali tratti dal vudù, ogni ricetta riecheggia l’influenza di Venere, i richiami sirenici del mare e le preghiere mormorate in latino. Con potenti evocazioni in sumero è possibile legare i cuori degli amanti con fili cosmici, pur restando benevoli nel maneggiare la libertà altrui, per non incorrere nella collera di forze superiori. Tra la luce soffusa delle candele e il profumo di erbe dolci si schiude un varco in cui si palesano i desideri più profondi dell’anima umana. Da tenui incantesimi di fascinazione a spinti filtri appassionati, l’artefice di pozioni ne sperimenta sia l’estasi sia il pericolo insito nel saper plasmare i segreti del cuore.


Capitolo 9


La notte si erge a velo per i riti segreti in questo capitolo dedicato a filtri onirici e illusioni che prendono forma durante il sonno. È nell’ora crepuscolare che la membrana tra la coscienza umana e il mondo degli spiriti si assottiglia. Con un’attenta lettura di manoscritti proibiti, si apprende a preparare infusioni notturne con erbe note per le loro qualità visionarie. Sussurrate in latino, le invocazioni si innalzano insieme al vapore, schiudendo vie ad avventure astrali e rivelazioni dei piani celati. I contributi vudù offrono spunti su come evocare guide spirituali che abitano il regno dei sogni, recando profezie o consigli. Ma la prudenza è essenziale: incubi e terrori possono emergere con la stessa facilità delle visioni di verità. Una parola errata o un solo ingrediente mal selezionato possono scatenare miraggi che s’incollano alla mente vigile come un tessuto d’ombra. Nel sottile equilibrio tra conoscenza onirica e trappole illusorie, il sognatore si avventura in cerca di saggezza, mantenendo tuttavia salda la guardia.


Capitolo 10


Questo capitolo penetra nell’ambito delle pozioni necromantiche e del dialogo con gli spiriti dei defunti, una sfera insieme temuta e riverita. Basandosi su testi sepolcrali e funebri, l’adepto apprende a fondere erbe potenti, resti carbonizzati e simboli criptici al fine di creare infusi che colmino la distanza tra la vita e la morte. Le litanie sumeriche si accordano con le suppliche latine, invitando ombre irrequiete a rivelare la loro saggezza. Forte di pratiche magiche europee, chi prepara la pozione entra in contatto con il mondo ultraterreno, scoprendo che ogni avo o spirito custodisce una chiave di sapere nascosto. Il testo non tace i pericoli: spettri inquieti, spiriti vendicativi e orrori inenarrabili si celano nello spazio tra i mondi. Il mago prudente avanza con sacro rispetto nei corridoi dell’oltretomba, facendo affidamento su circoli protettivi e su un cuore ben temprato per non venire assorbito dal vuoto del sepolcro.


Capitolo 11


Dopo aver esplorato i reami cupi della morte, il sentiero s’innalza verso la luce dei filtri guaritori e degli elisir di cura. Qui, le antiche ricette popolari rifioriscono in autentica arte magica, grazie all’incontro tra la saggezza cabalistica, i canti di guarigione del vudù e le preghiere latine sussurrate per attirare l’intercessione divina. Estratti di rosa, lavanda e altre piante sacre si preparano in armonia con i cicli planetari, così che i flussi cosmici di benevolenza si incarnino in ogni stilla. La benedizione cerimoniale costituisce la linfa del processo, implorando l’aiuto di angeli e di spiriti benevoli per la guarigione. Le malattie fisiche, le ferite emotive e gli squilibri spirituali possono trovare rimedio se ingredienti, devozione e volontà convergono in modo corretto. Tuttavia, attenzione: il limite fra rimedio e veleno è sottilissimo. Un’unica imprecisione nel dosaggio o nell’orario scelto può invertire l’effetto salutare in uno nocivo. L’adepto deve pertanto operare con mente limpida e cuore retto, preservando la propria Arte da errori dannosi.


Capitolo 12


Questo capitolo approfondisce l’arte delle illusioni, dei philter allucinogeni e delle pozioni che mirano a manipolare la percezione. Nei documenti antichi si fa cenno a incantesimi europei praticati durante feste o cerimonie mascherate, dove venivano create apparenze illusorie sia per diletto che per inganno. Integrandosi con la magia onirica del vudù e con i richiami sumerici ai custodi fuggevoli dell’etere, questi filtri diventano soglie verso realtà distorte e visioni labirintiche. Attraverso l’accorta mescolanza di fiori rari, estratti venefici e forze astrali evocate da formulette arcaiche, si possono generare illusioni capaci di svelare l’invisibile, attirare gli sprovveduti o celare la presenza del mago. Ma è un regno di ombre, seducente e pericoloso. I meno esperti rischiano di rimanere intrappolati proprio nelle illusioni che hanno plasmato. Il testo enfatizza il bisogno di restare radicati e di conservare l’umiltà, poiché modificare il tessuto della percezione è un atto che può inghiottire il manipolatore impreparato.


Capitolo 13


Al cuore di questo capitolo si trovano i patti con gli spiriti elementali e la formulazione di pozioni in grado di canalizzare la loro forza primordiale. Terra, Acqua, Aria e Fuoco vengono concepite come presenze vive, richiamate da incantesimi di culture antiche e da sussurri in lingue dimenticate. Dalle brume celtiche dell’Europa fino agli altari ardenti della magia cerimoniale occidentale, l’adepto apprende virtù e insidie che ogni elemento comporta. Un decotto dedicato alla Terra può infondere stabilità e fermezza, mentre un elisir consacrato all’Acqua evoca profondità emotiva e un’intuizione medianica. Le pozioni d’Aria donano limpidezza di pensiero e rapidità, pur rischiando di distanziare il mago dalle preoccupazioni terrestri. Infusi di Fuoco infondono volontà e ardore, ma possono degenerare in rabbia fuori controllo. Con offerte e tracciando accurati sigilli, i signori elementali vengono invocati affinché le pozioni benedette rimangano servizievoli, piuttosto che sfuggire al controllo del loro creatore.


Capitolo 14


Attingendo alle tradizioni di guaritori e streghe dei villaggi, questo capitolo esplora l’arte del travestimento e delle pozioni di metamorfosi. Protette da un velo di segretezza, tali miscele servono spesso come chiave di mutamento: assumere l’aspetto di un animale, di un’entità o di un altro essere umano. Qui si incontrano bestiari europei e narrazioni africane sulla mutaforma, incrociando esseri mitici sumerici che invitano il curioso a superare i confini della natura umana. Alcune metamorfosi durano finché la luna inonda la notte con la sua luce, altre possono protrarsi, spingendo l’anima a dimenticare la propria forma d’origine. Mormorando formule in latino, si cerca di imporre il proprio volere a questa nuova sembianza, sebbene il testo avverta che chi perde se stesso nel richiamo primigenio rischia di non far ritorno. Il margine tra libertà totale nel scegliere ogni forma e la schiavitù a impulsi oscuri è sottile. Ciascuna di queste pozioni richiede un sacrificio, un atto di coraggio e l’audacia di varcare sentieri raramente concessi ai mortali.


Capitolo 15


Questo capitolo svela la dimensione delle pozioni intrise di tradizioni vudù, giunte da Haiti, da New Orleans e da altre ramificazioni della diaspora africana, in interazione con schemi dell’occultismo occidentale. Vengono presentate le ricette dei preparati “hot foot” per scacciare presenze ostili e dei filtri volti a invitare i loa alla protezione o al favore. L’adepto apprende la sacralità dei tamburi rituali, la venerazione degli antenati e l’importanza di rendere omaggio agli spiriti prima di avanzare richieste. Le erbe cresciute sotto il sole tropicale rivelano una potenza distinta rispetto alle piante europee, e la loro sinergia con incantesimi sussurrati in creolo haitiano, in spagnolo o in latino crea legami intensi. I vecchi grimori europei affiancano i tesori tramandati dalle regine del vudù, integrandosi in una tradizione vivente. Tuttavia, il rispetto è fondamentale, poiché gli spiriti possono rivelarsi formidabili, e l’arroganza al loro cospetto conduce a esiti funesti. Il brasseur deve avanzare con umiltà e offerte, manifestando sincerità di cuore.


Capitolo 16


Lo studio dell’universo delle pozioni cabalistiche mette in luce la trama mistica dell’Albero della Vita, mostrando ciascun intruglio come riflesso delle sefirot e dei sentieri segreti che le collegano. Invocazioni in ebraico si mescolano a litanie latine, componendo un tessuto elevato di forze divine e terrestri che si incontrano in ogni elisir. L’adepto è indotto a salire lungo l’Albero in meditazione silenziosa, raccogliendone l’essenza – misericordia, severità, sapienza, bellezza – e condensandola in filtri che possano guarire, illuminare o innescare trasformazioni spirituali profonde. Le basi della magia cerimoniale europea offrono un supporto pratico, assicurando che ogni infuso risuoni armoniosamente con l’ordine cosmico. Eppure esiste anche il pericolo dei qliphot, involucri di potere caduto che si nascondono all’ombra della sfera luminosa dell’Albero. Il testo avverte che ogni salita comporta un corrispettivo rischio di discesa, e che ogni benedizione ha in sé la possibilità di un rovesciamento. Equilibrando tali energie all’interno del calderone, l’adepto s’incarica dell’equilibrio cosmico, creando pozioni che riflettono il gioco eterno tra luce e tenebra.


Capitolo 17


Con chiarezza, qui si affronta la questione delle maledizioni e dei filtri volti a far del male, un argomento spesso avvolto da tabù morali e spirituali. Le antiche streghe d’Europa, i bokor malevoli del vaudou e i recessi più tenebrosi della magia cerimoniale hanno conservato tracce di formule criptiche, nate per danneggiare, vincolare o distruggere i destini altrui. Istruzioni dettagliate illustrano l’impiego di terra di cimitero, piante velenose e anatemi in latino, capaci di bruciare l’aura della vittima designata. Iscrizioni sumere possono essere incise su pupazzi di cera o recitate prima di sigillare un decotto, richiamando forze primordiali di caos. Il testo, però, insiste sull’enorme prudenza necessaria e sul peso delle conseguenze karmiche o spirituali. Ogni danno mescolato nel calderone può tornare come un’ombra contro il mago stesso. Il sapiente stregone valuta dunque con estrema cura se la necessità imponga un simile rischio, quando sceglie di percorrere questo impervio cammino.


Capitolo 18


Questo capitolo offre un sentiero di riscatto e di purificazione, descrivendo come spezzare maledizioni, dissipare influssi nefasti e riportare l’armonia grazie a specifiche pozioni e abluzioni rituali. Le tradizioni della magia popolare europea, con i bagni purificatori a base di issopo e ginepro, si congiungono alle pratiche vudù di immersioni nei corsi d’acqua e l’impiego di uova capaci di assorbire le negatività. I salmi cabalistici si fondono a inni in latino, creando preghiere in grado di infrangere le catene oscure. L’adepto apprende a miscelare pozioni potenti che, se bevute o usate per abluzioni rituali, eliminano energie contaminate, contando sull’ausilio di angeli e spiriti benefici. Il testo sottolinea il pentimento, il perdono e la liberazione dai rancori, allo scopo di non radicare nella propria anima le forze avverse. Così come il mago può tessere il male, egli può anche disfarlo, onorando il principio d’equilibrio. I filtri qui presentati si stagliano come fari di luce nella notte, offrendo rinnovamento e libertà spirituale.


Capitolo 19


L’attenzione si concentra ora su pozioni progettate per richiamare prosperità, abbondanza e occasioni favorevoli. Radicate tanto nei grimori medievali europei quanto nelle tradizioni della diaspora africana, queste preparazioni sfruttano la potenza di polveri d’oro, sabbie magnetiche e invocazioni rivolte alle entità celesti della prosperità. Preghiere a intelligenze planetarie vengono sussurrate in latino o in ebraico, invitando le porte astrali a schiudersi e a riversare sul supplicante una serie di benedizioni. L’influenza dei riti vudù tramite lampade e offerte dispensa una luce di speranza sui recessi della povertà. Ciononostante, il testo ricorda che l’intento puro e la generosità fungono spesso da catalizzatori, onde evitare che l’avidità corrompa il filtro e l’inganni con un ingannevole miraggio di fortuna. Nella gratitudine e nell’uso coscienzioso, l’infuso diventa un canale di vera prosperità, istituendo un legame armonioso tra le aspirazioni del mago e il benevolo consenso di regni invisibili.


Capitolo 20


In questo capitolo si esamina la produzione di pozioni atte a infondere lunga vita e potere accresciuto negli strumenti rituali, negli altari o negli spazi sacri. Basandosi su secoli di conoscenze esoteriche, l’adepto impara a combinare rare resine, preziosi oli e minuscole particelle di cristalli in un composto denso e profumato. Bisbigliando versetti arcaici in latino o sumero, il mago dà vita a questa miscela, trasformandola in un’essenza di consacrazione. Le strutture cerimoniali occidentali vengono fortificate da tratti di geometria sacra, mentre la stregoneria europea raccomanda di collocare amuleti e sigilli attorno al perimetro dell’area di lavoro. Dal canto suo, il vudù vi aggiunge la memoria ancestrale di coloro che hanno percorso la via prima di noi. Quando questa sostanza viene applicata o spruzzata su talismani e altari, la connessione fra l’umano e il divino si rafforza. Una tale consacrazione respinge ogni intrusione, radica il praticante e crea un campo di risonanza in cui tutti i successivi atti magici potranno germogliare rigogliosi.


Capitolo 21


Avviandosi alla conclusione, questo capitolo illustra come forgiare la propria identità magica attraverso l’uso di una pozione personale. L’adepto distilla l’essenza della propria eredità spirituale, fondendo le influenze dell’Alta Magia occidentale, della stregoneria europea, delle invocazioni vudù e della mistica cabalistica in un unico calice. Risuonando di incantazioni in molte lingue, tale infuso si fa espressione del Vero Volere, simbolo del ruolo esclusivo del mago nel tessuto della creazione. Il processo richiede introspezione, l’offerta onesta di lacrime o forse anche il proprio sangue (se il cammino lo consente) per stabilire un legame profondo con le forze invocate. Con la rituale assunzione del liquido, il brasseur conferma i propri voti, il proprio potere e il dovere sacro che gli incombe, fondendo insieme sfera personale e universale. Sebbene l’esito finale vari da un adepto all’altro, il testo sottolinea che autenticità e umiltà sono gli ingredienti più sicuri per creare una pozione di sincera autotrasformazione.


Capitolo 22


Il capitolo conclusivo funge da epilogo e da soglia, invitando il praticante a integrare tutte le conoscenze acquisite. Il pellegrino delle pozioni si trova al crocevia tra il conosciuto e l’ignoto, avendo sperimentato i poteri di guarigione, maledizione, trasformazione e comunicazione con regni al di là della percezione umana. Il testo offre qui un’ultima benedizione, una preghiera latina di protezione dell’anima del brasseur, che risuona con la risonanza spirituale degli antenati vudù, delle streghe europee e dei saggi cabalistici. Ricorda che la vera maestria resta un orizzonte in continuo allontanamento, e che l’autentico percorso della strega, del mago o dell’adepto è fatto di costante umiltà e perpetuo apprendimento. All’interno di queste pagine, dunque, la storia del saper fare in materia di pozioni non giunge a una fine, ma propone un’invito incessante ad addentrarsi in misteri più vasti. Per ogni filtro già ideato, un’altra ricetta sussurra nelle profondità dell’oceano astrale, in attesa di essere scoperta da coloro che hanno il coraggio di berne l’essenza sconosciuta.


Amanar


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