
I Viceré di Federico De Roberto a cura di Cecilia Tomassini
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€9.99
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Autore: Federico De Roberto
Curatore: Cecilia Tomassini
Titolo: I Viceré
Pagg edizione cartacea: 496
Lingua: italiano
Formato: Epub con Adobe DRM
Prezzo: 9,99 euro
Edizione: Mauna Loa, 2022
EAN/ISBN: 979-12-80456-15-1
LINK ALLA VERSIONE CARTACEA
IL TESTO: Nel suo capolavoro, Federico De Roberto narra la saga degli Uzeda di Francalanza, famiglia nobile catanese. Un appassionante romanzo che si svolge sullo sfondo del Risorgimento meridionale e di un’epidemia di colera; le vicende degli Uzeda sono raccontate con sapiente critica ai costumi della nobiltà e alla corruzione ecclesiastica, nonché alla politica della nascente Italia. I personaggi offrono, tra molteplici colpi di scena, una incredibile varietà di sfumature dell’animo umano. In una lettera a De Giorgi, De Roberto lo descrisse così: «La storia d'una gran famiglia, la quale deve essere composta di quattordici o quindici tipi, tra maschi e femmine, uno più forte e stravagante dell'altro. Il primo titolo era Vecchia razza: ciò ti dimostri l'intenzione ultima, che dovrebbe essere il decadimento fisico e morale d'una stirpe esausta». Il romanzo non ebbe fortuna perché considerato troppo critico e sarcastico, finchè nel 1977, finalmente, Leonardo Sciascia lo definì: «Dopo I Promessi sposi, il più grande romanzo che conti la letteratura italiana». Oggi è considerato uno dei massimi capolavori del Verismo italiano.
L’AUTORE: Federico De Roberto (Napoli, 16 gennaio 1861 – Catania, 26 luglio 1927) apparteneva ad una nobile famiglia di Catania, e crebbe nella città siciliana. I suoi esordi di narratore avvennero all’insegna del Verismo, alla cui poetica continuò a fare riferimento nel corso della sua lunga attività di scrittore. Nel decennio milanese De Roberto pubblicò numerose raccolte di racconti, tra le quali Documenti umani (1888), L’albero della scienza (1890), Processi verbali (1890); pubblicò inoltre il romanzo L’illusione (1891), il primo dedicato dallo scrittore al ciclo della nobile famiglia Uzeda; seguiranno I Viceré (1894), considerato il suo capolavoro, e quindi L’imperio (pubblicato postumo nel 1929). De Roberto approfondì inoltre la filosofia del Positivismo in numerosi saggi, sia di argomento letterario (Leopardi, 1898; L’arte, 1901), sia dedicati, con taglio prevalentemente scientifico, alle problematiche dell’amore: La morte dell’amore (1892), L’amore. Fisiologia, Psicologica. Morale (1895) e altri. Nel 1920 uscirono altri due volumi di racconti: La cocotte e Ironie. De Roberto morì a Catania nel 1927. Postumo uscì il volume di scritti critici da lui affettuosamente dedicati all’amico Verga, dal titolo Casa Verga e altri saggi verghiani (1964).
IL CURATORE: Cecilia Tomassini nasce a Fermo nel 1994. Inizia gli studi classici al Liceo "Annibal Caro", dove si diploma nel 2013. Nel 2019 si laurea in Filologia classica presso l'Università di Bologna con una tesi in Filologia e letteratura greca relativa all'analisi dei personaggi barbari all'interno delle tragedie euripidee. Attualmente insegna discipline letterarie ed umanistiche nelle scuole secondarie di primo e secondo grado della provincia.
ESTRATTO: Giuseppe, dinanzi al portone, trastullava il suo bambino, cullandolo sulle braccia, mostrandogli lo scudo marmoreo infisso al sommo dell’arco, la rastrelliera inchiodata sul muro del vestibolo dove, ai tempi antichi, i lanzi del principe appendevano le alabarde, quando s’udì e crebbe rapidamente il rumore d’una carrozza arrivante a tutta carriera; e prima ancora che egli avesse il tempo di voltarsi, un legnetto sul quale pareva fosse nevicato, dalla tanta polvere, e il cui cavallo era tutto spumante di sudore, entrò nella corte con assordante fracasso.
Dall’arco del secondo cortile affacciaronsi servi e famigli: Baldassarre, il maestro di casa, schiuse la vetrata della loggia del secondo piano intanto che Salvatore Cerra precipitavasi dalla carrozzella con una lettera in mano.
«Don Salvatore?… Che c’è?… Che novità!».
Ma quegli fece col braccio un gesto disperato e salì le scale a quattro a quattro. Giuseppe, col bambino ancora in collo, era rimasto intontito, non comprendendo; ma sua moglie, la moglie di Baldassarre, la lavandaia, una quantità d’altri servi già circondavano la carrozzella, si segnavano udendo il cocchiere narrare, interrottamente:
«La principessa… Morta d’un colpo… Stamattina, mentre lavavo la carrozza… ».
«Gesù!… Gesù!».
«Ordine d’attaccare… il signor Marco che correva su e giù… il Vicario e i vicini… appena il tempo di far la via… ».
«Gesù! Gesù!… Ma come?… Se stava meglio? E il signor Marco?… Senza mandare avviso?».
«Che so io?… Io non ho visto niente; m’hanno chiamato… Iersera dice che stava bene… ».
«E senza nessuno dei suoi figli!… In mano di estranei!… Malata, era malata; però, così a un tratto?».
Ma una vociata, dall’alto dello scalone, interruppe subitamente il cicaleccio:
«Pasquale!… Pasquale!… ».
«Ehi, Baldassarre?».
«Un cavallo fresco, in un salto!…».
«Subito, corro… ».
Intanto che cocchieri e famigli lavoravano a staccare il cavallo sudato e ansimante e ad attaccarne un altro, tutta la servitù s’era raccolta nel cortile, commentava la notizia, la comunicava agli scritturali dell’amministrazione che s’affacciavano dalle finestrelle del primo piano, o scendevano anch’essi giù addirittura.
«Che disgrazia!… Par di sognare!… Chi se l’aspettava, così?… ».
E specialmente le donne lamentavano: «Senza nessuno dei suoi figli!… Non aver tempo di chiamare i figli!».
«Il portone?… Perché non chiudete il portone?» ingiunse Salemi, con la penna ancora all’orecchio.
Ma il portinaio, che aveva finalmente affidato alla moglie il piccolino e cominciava a capire qualcosa, guardava in giro i compagni:
«Ho da chiudere?… E don Baldassarre?».
«Sst!… Sst!».
«Che c’è?».
I discorsi morirono ancora una volta, e tutti s’impalarono cavandosi i berretti ed abbassando le pipe, perché il principe in persona, tra Baldassarre e Salvatore, scendeva le scale. Non aveva neppure mutato di abito! Partiva con gli stessi panni di casa per arrivar più presto al capezzale della madre morta! Ed era bianco in viso come un foglio di carta, volgeva sguardi impazienti ai cocchieri non ancora pronti, intanto che dava sottovoce ordini a Baldassarre, il quale chinava il capo nudo e lucente ad ogni parola del padrone:
«Eccellenza sì! Eccellenza sì!».
Curatore: Cecilia Tomassini
Titolo: I Viceré
Pagg edizione cartacea: 496
Lingua: italiano
Formato: Epub con Adobe DRM
Prezzo: 9,99 euro
Edizione: Mauna Loa, 2022
EAN/ISBN: 979-12-80456-15-1
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IL TESTO: Nel suo capolavoro, Federico De Roberto narra la saga degli Uzeda di Francalanza, famiglia nobile catanese. Un appassionante romanzo che si svolge sullo sfondo del Risorgimento meridionale e di un’epidemia di colera; le vicende degli Uzeda sono raccontate con sapiente critica ai costumi della nobiltà e alla corruzione ecclesiastica, nonché alla politica della nascente Italia. I personaggi offrono, tra molteplici colpi di scena, una incredibile varietà di sfumature dell’animo umano. In una lettera a De Giorgi, De Roberto lo descrisse così: «La storia d'una gran famiglia, la quale deve essere composta di quattordici o quindici tipi, tra maschi e femmine, uno più forte e stravagante dell'altro. Il primo titolo era Vecchia razza: ciò ti dimostri l'intenzione ultima, che dovrebbe essere il decadimento fisico e morale d'una stirpe esausta». Il romanzo non ebbe fortuna perché considerato troppo critico e sarcastico, finchè nel 1977, finalmente, Leonardo Sciascia lo definì: «Dopo I Promessi sposi, il più grande romanzo che conti la letteratura italiana». Oggi è considerato uno dei massimi capolavori del Verismo italiano.

L’AUTORE: Federico De Roberto (Napoli, 16 gennaio 1861 – Catania, 26 luglio 1927) apparteneva ad una nobile famiglia di Catania, e crebbe nella città siciliana. I suoi esordi di narratore avvennero all’insegna del Verismo, alla cui poetica continuò a fare riferimento nel corso della sua lunga attività di scrittore. Nel decennio milanese De Roberto pubblicò numerose raccolte di racconti, tra le quali Documenti umani (1888), L’albero della scienza (1890), Processi verbali (1890); pubblicò inoltre il romanzo L’illusione (1891), il primo dedicato dallo scrittore al ciclo della nobile famiglia Uzeda; seguiranno I Viceré (1894), considerato il suo capolavoro, e quindi L’imperio (pubblicato postumo nel 1929). De Roberto approfondì inoltre la filosofia del Positivismo in numerosi saggi, sia di argomento letterario (Leopardi, 1898; L’arte, 1901), sia dedicati, con taglio prevalentemente scientifico, alle problematiche dell’amore: La morte dell’amore (1892), L’amore. Fisiologia, Psicologica. Morale (1895) e altri. Nel 1920 uscirono altri due volumi di racconti: La cocotte e Ironie. De Roberto morì a Catania nel 1927. Postumo uscì il volume di scritti critici da lui affettuosamente dedicati all’amico Verga, dal titolo Casa Verga e altri saggi verghiani (1964).
IL CURATORE: Cecilia Tomassini nasce a Fermo nel 1994. Inizia gli studi classici al Liceo "Annibal Caro", dove si diploma nel 2013. Nel 2019 si laurea in Filologia classica presso l'Università di Bologna con una tesi in Filologia e letteratura greca relativa all'analisi dei personaggi barbari all'interno delle tragedie euripidee. Attualmente insegna discipline letterarie ed umanistiche nelle scuole secondarie di primo e secondo grado della provincia.
ESTRATTO: Giuseppe, dinanzi al portone, trastullava il suo bambino, cullandolo sulle braccia, mostrandogli lo scudo marmoreo infisso al sommo dell’arco, la rastrelliera inchiodata sul muro del vestibolo dove, ai tempi antichi, i lanzi del principe appendevano le alabarde, quando s’udì e crebbe rapidamente il rumore d’una carrozza arrivante a tutta carriera; e prima ancora che egli avesse il tempo di voltarsi, un legnetto sul quale pareva fosse nevicato, dalla tanta polvere, e il cui cavallo era tutto spumante di sudore, entrò nella corte con assordante fracasso.
Dall’arco del secondo cortile affacciaronsi servi e famigli: Baldassarre, il maestro di casa, schiuse la vetrata della loggia del secondo piano intanto che Salvatore Cerra precipitavasi dalla carrozzella con una lettera in mano.
«Don Salvatore?… Che c’è?… Che novità!».
Ma quegli fece col braccio un gesto disperato e salì le scale a quattro a quattro. Giuseppe, col bambino ancora in collo, era rimasto intontito, non comprendendo; ma sua moglie, la moglie di Baldassarre, la lavandaia, una quantità d’altri servi già circondavano la carrozzella, si segnavano udendo il cocchiere narrare, interrottamente:
«La principessa… Morta d’un colpo… Stamattina, mentre lavavo la carrozza… ».
«Gesù!… Gesù!».
«Ordine d’attaccare… il signor Marco che correva su e giù… il Vicario e i vicini… appena il tempo di far la via… ».
«Gesù! Gesù!… Ma come?… Se stava meglio? E il signor Marco?… Senza mandare avviso?».
«Che so io?… Io non ho visto niente; m’hanno chiamato… Iersera dice che stava bene… ».
«E senza nessuno dei suoi figli!… In mano di estranei!… Malata, era malata; però, così a un tratto?».
Ma una vociata, dall’alto dello scalone, interruppe subitamente il cicaleccio:
«Pasquale!… Pasquale!… ».
«Ehi, Baldassarre?».
«Un cavallo fresco, in un salto!…».
«Subito, corro… ».
Intanto che cocchieri e famigli lavoravano a staccare il cavallo sudato e ansimante e ad attaccarne un altro, tutta la servitù s’era raccolta nel cortile, commentava la notizia, la comunicava agli scritturali dell’amministrazione che s’affacciavano dalle finestrelle del primo piano, o scendevano anch’essi giù addirittura.
«Che disgrazia!… Par di sognare!… Chi se l’aspettava, così?… ».
E specialmente le donne lamentavano: «Senza nessuno dei suoi figli!… Non aver tempo di chiamare i figli!».
«Il portone?… Perché non chiudete il portone?» ingiunse Salemi, con la penna ancora all’orecchio.
Ma il portinaio, che aveva finalmente affidato alla moglie il piccolino e cominciava a capire qualcosa, guardava in giro i compagni:
«Ho da chiudere?… E don Baldassarre?».
«Sst!… Sst!».
«Che c’è?».
I discorsi morirono ancora una volta, e tutti s’impalarono cavandosi i berretti ed abbassando le pipe, perché il principe in persona, tra Baldassarre e Salvatore, scendeva le scale. Non aveva neppure mutato di abito! Partiva con gli stessi panni di casa per arrivar più presto al capezzale della madre morta! Ed era bianco in viso come un foglio di carta, volgeva sguardi impazienti ai cocchieri non ancora pronti, intanto che dava sottovoce ordini a Baldassarre, il quale chinava il capo nudo e lucente ad ogni parola del padrone:
«Eccellenza sì! Eccellenza sì!».